Notizie sulla pianta di cacao provengono dal continente americano dove cresceva rigogliosa allo stato spontaneo nel bacino del Rio delle Amazzoni e dell’Orinoco. Solo più tardi fu portata nell’attuale Messico, nella penisola dello Yucatàn perché venisse coltivata. Conosciuto dall’uomo fin dall’antichità il cacao entra nella cultura della civiltà olmeca intorno al 1000 a.C., dove è possibile stabilire un punto di inizio documentato. Da qui secolo dopo secolo attraversa la storia: è conosciuto dai Maya e in seguito dagli Aztechi che lo adoperavano, tanto lo avevano in conto, al pari della moneta corrente. I semi più grossi avevano un reale potere di acquisto. Gli storiografi riportano che con tre fave si poteva comprare un pesce, con dieci giacere con un prostituta e con cento diventare padroni di uno schiavo. Guai a chi frodava il “Tesoro” per esempio falsificando i frutti, svuotandoli dei semi e riempiendoli con sabbia o altro materiale. Anche le imposte erano calcolate su base cacao e calcolate in carga: unità di misura pari a 31-32 chilogrammi. Una carga era il carico massimo che un uomo potesse portare ed equivaleva a 800 semi.
Le fave di calibro più piccolo erano usate per il consumo alimentare ed erano l’ingrediente principale di una bevanda amara che gli aztechi chiamavano xocoatl. La ricetta prevedeva che cacao, acqua e semi di altro tipo venissero miscelati insieme e macinati. Il preparato così ottenuto era versato da un contenitore all’altro fino a che si otteneva una consistenza spumosa.
Oggigiorno in America centrale i kuna, abitanti dell’arcipelago di San Blas nello stato di Panama, preparano una bevanda secondo una tradizione secolare. I kuna mescolano fave di cacao macinate e polpa di banana in acqua ottenendo un composto dolce e cremoso. Mediamente ogni kuna beve al giorno 5-6 tazze del preparato e pare con effetti sorprendenti sulla salute.
Il professor Norman Hollenberg della Harvard University ha studiato il popolo kuna insulare per oltre vent’anni e ha osservato che l’incidenza di malattie legate all’invecchiamento come diabete, cancro e patologie cardiovascolari è molto più bassa rispetto ai loro parenti continentali; tutto ciò tenendo conto dell’età nei due gruppi a confronto.
Le ricerche di Hollenberg pubblicate sull’International Journal of Medical Sciences spiegano che il rafforzamento dei kuna deriva dai polifenoli, antiossidanti contenuti nel cacao. Più precisamente le molecole chiave sono i flavonoidi e la loro massiccia assunzione - con le circa 40 tazze a settimana - entra nei meccanismi di attivazione del sistema ossido nitrico di cui sono note le proprietà di vasodilatazione e di inibizione di aggregazione piastrinica.
“L’invulnerabilità” alle patologie cardiovascolari ha attirato l’attenzione della comunità scientifica americana che a San Blas ha fondato un istituto di ricerca e protezione dei kuna affinché la popolazione amerinda sia minimamente intaccata dal processo di globalizzazione e rimanga integra come patrimonio di indagine scientifica.
(di Dante Bianchi e Mara Rolle - Tratto da "Diagnosi & Terapia" Dicembre 2011)
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